Le streghe di Mirandola

l processo alle streghe di Mirandola (1522-1525) portò all’applicazione della pena capitale su ben sette presunti stregoni e tre streghe

Indetta dall’Inquisitore di Parma e Reggio Emilia  fra Girolamo Armellini da Faenza, la caccia alle streghe fu appoggiata entusiasticamente dal potere secolare di Giovan Francesco Pico signore della Mirandola.

Questi erano venuti a conoscenza di strani rituali che si compivano di notte lungo le rive del fiume Secchia a cui parteciparono vari individui dediti ai peccati della carne e della gola. Secondo il domenicano le riunioni erano forme di devozione al culto del Demonio operato per mezzo di atti abominevoli, quali il disprezzo del Crocifisso e dell’ostia consacrata. Fu proprio quest’ultima informazione che fece aprire il processo per stregoneria.

Aiutato dal vicario generale del Sant’Officio locale, Luca Bettini, l’Armellini perseguì penalmente circa una sessantina di presunti rei, arrogandosi prerogative persino nel distretto dell’Inquisitore di Mantova facendo scaturire varie frizioni in materia giurisdizionale
Il primo delle dieci vittime arse sul rogo fu don Benedetto Berni il 22 agosto 1522. L’anno seguente vennero accesi altri sei roghi:

1. Francesco da Carpi;
2. Bernardina Frigieri;
3. Maddalena Gatti;
4. Camilla Gobetta;
5. Andrea Merlotti;
6. Marco Piva.

Come reazione alla pena capitale inflitta a questi rei, il popolo iniziò a indignarsi pubblicamente. La pronta risposta fu la composizione da parte di Giovan Francesco Pico del famoso dialogo Strix, sive de Ludificatione daemonum considerato, a causa della penuria di documentazione archivistica su questa vicenda, come “fonte principale” del accaduto. Curata dallo stesso Leandro Alberti (il quale curò anche la versione italiana dello scritto nel 1524), l’opera del principe della Mirandola uscì nel maggio del 1523. Colmo di erudizione classica, tale dialogo si presentò come una apologia all’accensione dei roghi. Nella Strix il Pico fu anche, come affermò lo stesso autore al suo dedicatario, il medico Giovanni Mainardi, testimone degli eventi descritti

Successivamente verso la fine del 1523, tre presunti stregoni che erano stati presi in custodia, fuggirono a Modena protetti dal vescovo suffraganeo e dal vicario episcopale. Subito l’Armellini richiese l’aiuto di papa Clemente VII, il quale gli fu accordato il 18 gennaio 1524: il pontefice emise un breve in cui si delegarono l’Inquisitore di Bologna, Francesco Silvestri, ed il vescovo di Pola e vice legato della città felsinea Altobello Averoldi, a ricercare i fuggiaschi ad ogni costo.
Con le condanne al rogo di Giovan Pietro Colovati, Nicolò Ferrari di Mirandola e Aiolfo della Bernarda, la caccia alle streghe e stregoni di Mirandola poté considerarsi conclusa nel 1525.

Bibliografia
Albano Biondi (a cura di), Libro detto Strega o Delle illusioni del demonio del signore Giovanfrancesco Pico dalla Mirandola nel volgarizzamento di Leandro Alberti, Marsilio, Venezia 1989
Tamar Herzig, Armellini, Girolamo, in DSI, vol. 1, p. 99
Tamar Herzig, Pico della Mirandola, Gianfrancesco, in DSI, vol. 3, p. 1208
Michael Tavuzzi, Renaissance inquisitors: Dominican inquisitors and inquisitorial districts in Northern Italy, 1474-1527, Brill, Leiden 2007, pp. 68-72

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