Alchimia indiana

Esiste una alchimia indiana?

«Il Vijnanabhairava Tantra, o “Tantra della conoscenza suprema” è uno dei più antichi testi shivaiti. È probabilmente la summa più straordinaria di metodi yogici mai riunita.

Questa singolarità proviene dal fatto che lo yoga tantrico non è so/tanto la via d’arresto dell’attività automatica del mentale, come lo de finirà Patanjali nel suo celebre Yogasutra, ma uno yoga che utilizza come via mistica lo spettro integrale dei pensieri, delle emozioni e delle sensazioni dello yogin situato dentro il pullulare della realtà. In questo il tantrismo shivaita è unico ed è la fonte di tutti gli yoga adottati dalla tradizione vedica

Tramite la profondità della sua presenza nel mondo fenomenico, il tantrika raggiunge l’assoluto [ È innanzitutto uno yoga dell’azione nel mondo dei sensi. Ogni percezione, ogni pensiero, ogni emozione permette di scivolare spontaneamente nella coscienza, nel divino in sé, matrice da cui tutto emerge e a cui tutto ritorna in un ciclo immutabile. L’ascesi non è più allora intesa come un ritiro dal mondo fenomenico, che permetterebbe l’accesso a una purezza divina, ma al contrario come un’immersione integrale in ciò che la vita ha di più palpitante.
I metodi dello yoga tantrico esposti nel Vijnanabhairava sono quelli che ci permettono di assaporare l’essenza divina delle cose non appena i filtri riduttori del pensiero discriminante e della dualità sono abbandonati. Tutto, per il tantrika, è sa turo di essenza divina.Niente è da evitare, niente da cercare. Lo yogin gode di una libertà assoluta e ininterrottamente di tutto il gioco della manifestazione che vede come il proprio Sé liberato da ogni limitazione concettuale, da ogni dogma, da ogni credenza.»
Tratto da: Tantra Yoga di Daniel Odier

ATISHA: UN PONTE TRA L’INDIA E IL TIBET

Atisha è un maestro raro, raro perché ricevette l’insegnamento di tre maestri illuminati. Non era mai accaduto prima, né si è più ripetuto. Essere discepolo di tre maestri illuminati è semplicemente incredibile, perché un maestro illuminato è sufficiente. Ma questa storia — che ebbe tre maestri il luminati — ha anche un significato metaforico. Sebbene sia vera, cioè sia un fatto storico.
Il primo dei tre maestri con cui Atisha restò per molti anni fu Dharmakirti, un grande mistico buddhista. Questi gli insegnò la nonmente, gli insegnò il vuoto, gli insegnò come avere una mente priva di pensieri, gli insegnò come distaccarsi da qualsiasi contenuto della mente ed essere privo di contenuto. Il secondo maestro fu Dharmarakshita, un altro mistico buddhista. Questi gli insegnò l’amore, la compassione. E il terzo maestro fu Yogin Maitreya, un altro mistico buddhista. Questi gli insegnò l’arte di accogliere le sofferenze al trui e assorbirle nel proprio cuore: l’amore all’opera […]
Poiché aveva imparato da tre maestri illuminati, egli viene chiamato Atisha, colui che è Tre Volte Grande […]
Nacque in India, ma nel momento in cui il suo amore divenne attivo, comin ciò a spostarsi verso il Tibet, come vi fosse attirato da una calamita potentissima. Sull’Himalaya si realizzò; non tornò mai in India. Si trasferì in Tibet, il suo amore si riversò in Tibet. Trasformò l’intera qualità della consapevolezza tibetana. Sapeva fare miracoli; qualsiasi cosa toccasse, veniva trasformata in Oro. Era uno dei più grandi alchimisti che il mondo abbia mai conosciuto.»

Tratto da: Il Libro della Saggezza di Osho.

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