Catoptromanzia o lettura degli specchi

La Catoptromanzia è l’antica arte divinatoria fondata sulla lettura degli oggetti riflettenti o specchi concavi

Simile alla Cristallomanzia e all’idromanzia era assai diffusa nel medioevo .Con la Catoptromanzia l’indovino, concentrandosi sul riflesso, entra in uno stato di trance e riesce a vedere simboli e immagini che gli forniscono le risposte.

Se la  Catoptromanzia si basa sul riflesso, possiamo affermare che tutto sommato può essere praticata  su strumenti di ogni tipo come cucchiai riflettenti, vasi di vetro, specchi d’acqua, specchi normali oppure opachi purché riflettano almeno la metà del busto dell’operatore

Principalmente si prediligono:

Gli specchi bianchi ( per le donne)sono gli specchi comuni presenti in una qualsiasi abitazione, rientra in questa categoria anche la sfera dei cristallo, il vetro, la lama di un coltello o di una spada, il ghiaccio, una bacinella d’acqua.
Gli specchi neri sono ( per gli uomini) sono il palmo della mano annerito, una superficie metallica annerita, la pietra nera levigata, ino specchio o un vetro annerito con il fumo delle candele oppure gli specchi di ossidiana nera.

Prima di ogni seduta, l’oggetto riflettente va lavato con acqua e sapone, purificato con il sale marino e bagnato con un decotto di artemisia. Nel caso di “specchi bianchi” si effettua un’asciugatura con un panno bianco in cotone naturale, nei casi di “specchi neri”oppure ove si dovesse annerire la superficie, si procede all’affumicatura con candele mai usate e precedentemente purificate.

Durante la consultazione l’oggetto riflettente dev’essere illuminato da una candela  e toccato solo dall’operatore al fine di non alterare i fragili equilibri che si sono formati durante la fase di preparazione.

 “L’interpretazione delle figure è molto singolare: l’indovino fissa lo sguardo sulla superficie e dopo poco intravede ciò che vuole comunicare. Egli crede che l’immagine si disegni sulle specchio, ma non è così; in realtà è la superficie che si cancella dietro una specie di nebbia, che si interpone tra lui e il mezzo. E su questa specie di sipario si formano le immagini; egli non vede più con gli occhi, ma con l’anima”.

Ibn Khaldun

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