Magia: Strappare il sapere agli spiriti
Magia come scienza naturale per comprendere il funzionamento dell’universo.
A partire dalle fonti di tutto il modo antico (egizio, mesopotamico, persiano, ebraico e, infine,cristiano) prende forma nell’antichità una magia in lingua greca, il cui più alto comandamento consiste nel riconoscimento della correlazione tra l’alto e il basso – come esempio più significativo citeremo qui Apollonio di Tiana.
Chi sia in grado di comprendere i processi che hanno luogo nel cosmo – questa l’idea di base – sarà anche in grado di influenzarli. Da questo punto di vista diviene chiaro – anche secondo le odierne concezioni – perché la magia venisse considerata una scienza in senso proprio.
Come ogni altro ramo della scienza, anche la magia penetrò nella cultura araba come parte della filosofia, trovando in quell’ambito nuovi sviluppi. È poi dalla letteratura araba che nel Medioevo l’occidente latino venne a conoscenza della magia degli antichi: vennero tradotti scritti magici come il Picatrix (il fine dei saggi) e se ne scrissero altri a partire da essi, diffusi sotto i nomi di Raziel, Adamo,
Salomone o Ermete.
Se davvero tutto il mondo (come sostenuto da Ermete nell’Asclepius) è popolato di angeli e demoni, si può ricorrere alla magia senza alcuna remora, poiché la magia altro non è che l’arte di soggiogare gli spiriti ottenendone conoscenza, salute e potere. La demonizzazione dei maghi e la loro persecuzione da parte della Chiesa, ottenne quasi ovunque il risultato di scuotere alle fondamenta questa scomoda antagonista della religione.
Solo il Rinascimento con il suo entusiasmo per l’ermetismo e il platonismo riportò la magia dagli oscuri meandri in cui era relegata alla luce del giorno. Sul terreno attorno a Marsilio Ficino sorgono i presupposti di ciò che per secoli si sarebbe inteso con il termine di magia.
Di fronte ad un insegnamento che si allontanava così radicalmente dai presupposti delle dottrine aristoteliche come la magia ermetica non potevano mancare i conflitti con la Chiesa. È così che qualche mago finisce per pagare la sua sete di conoscenza con il carcere e con la vita – come Giordano Bruno.